teatro bastardo
x palermo
11-18 ottobre
2025
editoriale
Teatro Bastardo fa 10 anni, e i compleanni importanti servono sempre a tirare le somme. Quando abbiamo cominciato a preparare questa edizione – che presentiamo in alcune parti ridotta rispetto all’dea iniziale – ci siamo ritrovate a girare intorno alla parola ascolto. Forse è questo che permette al teatro di sopravvivere in questo momento. È l’ascolto che fa la differenza. L’ascolto ovvero la sua accoglienza, la sua temporalità, la sua economia di attenzioni. Una platea è un gruppo di persone, al buio, insieme, che tutte insieme dicono: vai, ti ascolto.
In che modi possiamo trovare un posto e un senso dentro a questa atmosfera di distruzione nella Storia, da un lato, e di minute miserie qui, tra le nostre vicende nazionali?
Bisogna decostruire quello che sapevamo e trovare nuovi motivi per andarci, a teatro – per andare in piazza – per mettere su un festival, per concedersi l’ascolto condiviso.
Noi ci godiamo la leggerezza di una programmazione e di un’azione più libera: quest’anno nessuno conterà i nostri spettatori o le nostre repliche, o darà punteggi quantitativi all’opera di questa o quest’altro artista. E abbiamo scoperto ancora di più come insieme si stia bene, abbiamo ricevuto ancora più collaborazione, ispirazione e alleanza da chi si muove nella nostra città e da tanti altri artisti e festival. Questo è un momento nuovo. Aprirsi all’altro – ascoltare ed essere ascoltati – sintonizzarsi sulla propria percezione come modo conoscitivo di sé e dell’altro, riconoscerne l’umanità, è un’istanza politica. Un’assunzione di responsabilità che ci chiama collettivamente, e abbiamo visto nelle strade con migliaia di persone che questo fa una differenza. Ricominciamo dalla scena siciliana, ospitando gli esperimenti di compagnie che presentano lavori nuovissimi e non ancora codificati, e allo stesso tempo lavori storici perché ne vediamo il valore, fuori dalle logiche di consumo o circuitazione. Lavoriamo su spettacoli che stanno fuori dalla rappresentazione e dal racconto normativo, e che partono da qui. Oltre i generi in tutti i sensi. E poi ricominciamo dall’ascolto nel senso letterale, con archivi di voci dalla Storia su cassetta, testimonianze dimenticate di un’opposizione politica che mette in gioco la vita. Pensiamo alla Global Sumud Flotilla e alle altre che negli ultimi vent’anni hanno fatto rotta verso Gaza.
E ancora Odisseo ci racconta la sua storia millenaria di inquietudine dentro un universo sonoro che ci invita all’ascolto come metodo di conoscenza e rivoluzione.
E alla fine, attraversiamo un orrore filtrato dalla letteratura e forse balliamo anche un po’.
Noi, che siamo antiche e abbiamo avuto buone maestre, siamo cresciute con la poesia di Neiwiller dedicata a Kantor, Per un teatro clandestino. È strano, dopo tanti anni, citarne ancora un pezzo a memoria:
È tempo di mettersi in ascolto./ È tempo di fare silenzio dentro di sé./ È tempo di essere mobili e leggeri, di alleggerirsi per mettersi in cammino./ È tempo di convivere con le macerie e l’orrore, per trovare un senso./ Tra non molto, anche i mediocri lo diranno.
Buon compleanno Teatro Bastardo!
Noi siamo ancora in ascolto.
Giulia D’Oro, Flora Pitrolo
teatro bastardo
x palermo
11-18 ottobre
2025
editoriale
Teatro Bastardo fa 10 anni, e i compleanni importanti servono sempre a tirare le somme. Quando abbiamo cominciato a preparare questa edizione – che presentiamo in alcune parti ridotta rispetto all’dea iniziale – ci siamo ritrovate a girare intorno alla parola ascolto. Forse è questo che permette al teatro di sopravvivere in questo momento. È l’ascolto che fa la differenza. L’ascolto ovvero la sua accoglienza, la sua temporalità, la sua economia di attenzioni. Una platea è un gruppo di persone, al buio, insieme, che tutte insieme dicono: vai, ti ascolto.
In che modi possiamo trovare un posto e un senso dentro a questa atmosfera di distruzione nella Storia, da un lato, e di minute miserie qui, tra le nostre vicende nazionali?
Bisogna decostruire quello che sapevamo e trovare nuovi motivi per andarci, a teatro – per andare in piazza – per mettere su un festival, per concedersi l’ascolto condiviso.
Noi ci godiamo la leggerezza di una programmazione e di un’azione più libera: quest’anno nessuno conterà i nostri spettatori o le nostre repliche, o darà punteggi quantitativi all’opera di questa o quest’altro artista. E abbiamo scoperto ancora di più come insieme si stia bene, abbiamo ricevuto ancora più collaborazione, ispirazione e alleanza da chi si muove nella nostra città e da tanti altri artisti e festival. Questo è un momento nuovo. Aprirsi all’altro – ascoltare ed essere ascoltati – sintonizzarsi sulla propria percezione come modo conoscitivo di sé e dell’altro, riconoscerne l’umanità, è un’istanza politica. Un’assunzione di responsabilità che ci chiama collettivamente, e abbiamo visto nelle strade con migliaia di persone che questo fa una differenza. Ricominciamo dalla scena siciliana, ospitando gli esperimenti di compagnie che presentano lavori nuovissimi e non ancora codificati, e allo stesso tempo lavori storici perché ne vediamo il valore, fuori dalle logiche di consumo o circuitazione. Lavoriamo su spettacoli che stanno fuori dalla rappresentazione e dal racconto normativo, e che partono da qui. Oltre i generi in tutti i sensi. E poi ricominciamo dall’ascolto nel senso letterale, con archivi di voci dalla Storia su cassetta, testimonianze dimenticate di un’opposizione politica che mette in gioco la vita. Pensiamo alla Global Sumud Flotilla e alle altre che negli ultimi vent’anni hanno fatto rotta verso Gaza.
E ancora Odisseo ci racconta la sua storia millenaria di inquietudine dentro un universo sonoro che ci invita all’ascolto come metodo di conoscenza e rivoluzione.
E alla fine, attraversiamo un orrore filtrato dalla letteratura e forse balliamo anche un po’.
Noi, che siamo antiche e abbiamo avuto buone maestre, siamo cresciute con la poesia di Neiwiller dedicata a Kantor, Per un teatro clandestino. È strano, dopo tanti anni, citarne ancora un pezzo a memoria:
È tempo di mettersi in ascolto./ È tempo di fare silenzio dentro di sé./ È tempo di essere mobili e leggeri, di alleggerirsi per mettersi in cammino./ È tempo di convivere con le macerie e l’orrore, per trovare un senso./ Tra non molto, anche i mediocri lo diranno.
Buon compleanno Teatro Bastardo!
Noi siamo ancora in ascolto.
Giulia D’Oro, Flora Pitrolo